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mercoledì 28 maggio 2014

A proposito degli attacchi di panico!

Per comprendere la natura degli attacchi di panico (che per quanto siano brevi sono sempre troppo lunghi per chi ne soffre!) bisogna comprendere le connessioni esistenti tra i nostri stati emotivi e il nostro corpo. Le teorie di Lowen sulla Bioenergetica, e prima ancora quelle di Reich sulla famosa corazza, senza trascurare comunque gli studi di Freud sull'isteria sono state determinanti affinché si sviluppasse una psicologia del soma, quel ramo della psicologia che studia  l'interdipendenza tra i fenomeni che avvengono nel corpo psichico e la loro influenza sul corpo fisico.




http://compressamente.blogspot.it/2014/04/la-schiena-e-le-emozioni.html
Per ritornare all'oggetto di questo post e in base a ciò che si è detto poc'anzi, l'attacco di panico è la manifestazione di un'emozione (quasi sempre sconosciuta) che si presenta all'improvviso, procurando in noi spavento e facendoci sentire come se stessimo subendo un'aggressione, ma un'aggressione che viene dal di dentro, che ha origine nel nostro corpo e che, nella maggior parte dei casi, ci procura come un nodo alla gola alterando il normale ritmo del respiro o modificando (quasi sempre in accelerazione) il battito cardiaco. Questo è solo un esempio poiché le manifestazioni sono delle più disparate e molto individualizzate, ma tutte, a detta di chi ne soffre, provocano paura, spavento e preoccupazione per chissà cosa ci potrebbe accadere "da un momento all'altro".



http://www.emotiva-mente.it/disturbi_ansia/psicologo_attacchi_di_panico_roma.htm
Una volta chiarito attraverso specifici esami medici che non ci sono cause fisiologiche e che il nostro corpo è sano bisogna iniziare a prendere coscienza che il nostro corpo, attraverso gli attacchi di panico, sta cercando di dirci qualcosa, ci sta lanciando un messaggio, e ce l'ho lancia eccome, ma noi siamo restii ad ascoltarlo. Perciò gli attacchi si ripetono, il corpo si comporta come chi ripete più volte la stessa frase per essere sicuro che il ricevente abbia ben compreso il messaggio.


Sicuramente in qualche momento della nostra vita, abbiamo dovuto mettere da parte delle emozioni, intendendo per mettere da parte ciò che non ci siamo dati il tempo e il modo di vivere, può darsi che abbiamo delle aspirazioni accantonate nelle stanze dei nostri pensieri. Quasi sicuramente, l'attacco di panico, è la manifestazione di un rimosso, di un dimenticato, di un abbandonato, di un qualcosa che però ritorna e con il quale abbiamo ancora dei conti aperti. 



L'attacco di panico potrebbe anche essere il riflesso somatico di un presente doloroso e spiacevole contro cui stiamo combattendo; un presente portatore di confusione e di conflitti di fronte al quale ancora non abbiamo capito quale potrebbe la strategia efficace per venirne fuori. 
Magari l'abbiamo anche compresa ma non riusciamo a trovare il coraggio di agire.
E mentre stiamo ad arrovellarci su cosa e come fare il nostro corpo scalpita, freme, frigge e poi ... e poi si spazientisce. 
Ed ecco servito su un piatto d'argento il nostro bell'attacco di panico.

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mercoledì 21 maggio 2014

Il counseling è un approccio al miglioramento di sé stessi.

In questo post intendo parlare della relazione di aiuto.

In contesti quali la psicologia, l'antropologia e la sociologia il termine relazione indica il rapporto che intercorre tra due o più individui così come quello che intercorre anche tra gruppi di individui. 



La relazione di aiuto (da qui in poi rdaè un modello di relazione che due individui (o più) possono intrattenere tra loro. Ho piacere di soffermarmi sulla rda  per approfondire, in questo post, il significato che assume nel contesto del counseling.

La rda, di cui il counseling ne è espressione moderna, è quella che mettiamo in atto (anche inconsapevolmente) quando per far fronte a un bisogno ci rivolgiamo a chi "pensiamo" possa soddisfarci e "risolvere" il nostro problema.

Ad esempio chiediamo aiuto al medico in caso di malattia, all'avvocato per problemi legali, all'assistente sociale per aspetti socio-familiari, ecc...
E' normale questo comportamento?
Certo che si!

Chiedere aiuto è un comportamento sano ed efficace, non si può dire lo stesso del contrario e cioè di non chiedere aiuto e restare nel problema quando ne abbiamo bisogno.



Il counseling, che trova la manifestazione più felice nel campo della crescita personale, della pedagogia, della formazione e della comunicazione, oltre a soddisfare le nostre richieste di aiuto in questi ambiti, ci offre la possibilità di comprendere aspetti più profondi della nostra vita. 
Mi riferisco a quegli aspetti che spesso, con cadenza che ben conosciamo e con modalità a noi note, fanno capolino a più riprese nel nostro cammino.



Ognuno di noi sa perfettamente quali sono questi aspetti che lo riguardano e con i quali si trova periodicamente a farci i conti.
Ognuno si conosce abbastanza bene e può dirsi, con onestà e franchezza, ebbene si, "questa situazione mi accade spesso" oppure "questa situazione non riesco a risolverla come vorrei".

Una delle funzioni in cui il counselor può aiutarti è questa: affiancarti per comprendere le dinamiche psicologiche e per loro natura nascoste che sotto-intendono il perdurare di certe spiacevoli situazioni.




In effetti il counselor ti aiuta a rispondere alla domanda:

Che cosa dovrei sapere che ancora non mi è chiaro per risolvere la mia situazione?

Il counselor ti aiuta ad andare alla ricerca della risposta buona per te e a scoprire il territorio psicologico che sta alla base del problema. Questo è il suo lavoro.

Gentile lettrice/lettore, sicuramente avrai già fatto delle "indagini" con familiari, colleghi, amici riguardo alla tua situazione e magari ti dicono che devi CAMBIARE, che così NON vai BENE e altre affermazioni simili, ma nessuno, giustamente, riesce ad aiutarti fino in fondo.



Il counselor ti riporta alla tua natura, e senza darti troppi consigli, ti invita a riguardare la tua vita e il tuo mondo da un altro punto di vista. Ti aiuta a fare chiarezza, a uscire fuori dai soliti schemi con i quali ti muovi e a trovare, sviluppare e mettere in pratica le risorse di cui hai bisogno.





sabato 17 maggio 2014

Capire i bisogni attraverso l'insoddisfazione

Salve a tutti.

Vi voglio parlare di uno dei motivi, se non il motivo, che mi ha spinto ad aprire questo blog. Ebbene, cari amici che mi leggete, la causa prima che mi ha mosso nella direzione di dare vita a queste pagine è stata l'insoddisfazione.

Perciò ho piacere di scrivere oggi su questo argomento, sull'insoddisfazione.

Possiamo definire l'insoddisfazione come una forma di sentimento, di stato d'animo, di emozione, di una sensazione a volte indefinita a cui stentiamo a dare un nome preciso e altre volte invece sappiamo (o crediamo di sapere) la causa della nostra insoddisfazione. Alla voce insoddisfatto nel dizionario italiano leggiamo: che non è appagato o compensato quanto basta.

Quindi quando pensiamo o sentiamo o ci diciamo di essere insoddisfatti, ci stiamo implicitamente dicendo che non ci sentiamo appagati. In effetti l'insoddisfazione l'avvertiamo sotto forma di "mancanza", come qualcosa che non c'è, che ci manca ma che desideriamo averla.

Io desideravo avere un mio spazio pubblico dove condividere le mie esperienze e le mie ricerche nel campo del mio lavoro, il counseling per l'appunto, e il non averlo mi portava un senso di insoddisfazione, sentivo fortemente che questo spazio che ricercavo, mi mancava. Il mio sentirmi non appagato, non compensato, mi ha mosso verso la direzione giusta: quella di soddisfare il mio bisogno. E quindi aprire un blog dedicato alla pubblicazione di argomenti specifici del counseling.

Ecco, bisogno, questa è la parola che più di tutte incarna il senso del mio discorso e di cui ne rappresenta il centro. Possiamo quindi affermare che l'insoddisfazione nasce da un bisogno non soddisfatto.

Nel mio caso è stato facile passare da uno stato di insoddisfazione ad uno di appagamento per un motivo molto semplice: il bisogno che intendevo soddisfare era ben definito nella mia mente, mi era chiaro ciò che desideravo. Quando si conosce l'obiettivo che si intende raggiungere, quando il bisogno è chiaro allora anche le strategie da mettere in atto per raggiungerlo e soddisfarlo sono più facilmente individuabili.

Ci sono situazioni in cui non riusciamo a comprendere bene e a farci un'idea chiara e precisa della nostra insoddisfazione. Ci sono momenti in cui ci sentiamo insoddisfatti ma senza sapere perché. In questi casi viviamo un senso di insoddisfazione generale che non riusciamo a identificare. Dal punto di vista psicologico non ci è chiaro il bisogno, non sappiamo cosa vogliamo veramente.

Nei dialoghi quotidiani che intratteniamo con i nostri simili abbiamo la tendenza a discutere delle nostre insoddisfazioni. In effetti parlare delle nostre insoddisfazioni e lamentarci è un modo funzionante e psicologico per alleviare le nostre sofferenze, per alleggerirci dai nostri problemi. Questo modo di relazionarci con gli altri avviene in molti ambiti della nostra vita (familiare, lavorativa, sociale, ecc...) e i soggetti interessati hanno estrapolazioni culturali e sociali di tutte le tinte. Si lamenta la casalinga come l'impiegato bancario, l'operaio e il politico, insomma ognuno di noi ben conosce questa modo di stare un po meglio, che è poi quello di condividere le nostre insoddisfazioni, e che solo temporaneamente mitiga il nostro malessere.

L'insoddisfazione sociale che viene comunicata nei dialoghi con il prossimo è tipicamente un argomento di natura generale e che difficilmente può essere soddisfatta in quel momento (situazione socio-economica, ecologia, sicurezza, politica, ecc...) ma alla base, sotto, in forma nascosta, si muove, a livello psicologico, un bisogno reale. In effetti si parla di tante cose e di tutto per coprire i nostri veri bisogni, quelli che, nella maggioranza dei casi, sono per noi dei perfetti sconosciuti. Da qui a percepire poi il famoso senso di insoddisfazione il passo è breve.

In effetti si sta operando quella che noi counselor, in psicologia, chiamiamo proiezione sul mondo esterno di ciò che in realtà è nel nostro mondo interiore. Proiettare è un comportamento (entro certi limiti) funzionale e naturale appartenente alla mente ma, a lungo andare, ci impedisce di scoprire i nostri reali bisogni.

Il counseling, con le sue tecniche di riformulazione e di ascolto attivo, può facilmente farci scoprire cosa non abbiamo ancora soddisfatto nella nostra vita quando, ad esempio, sentiamo una certa insofferenza in determinate circostanze, come stare con un certo tipo di persone, o sottostare a certe regole, o dover operare date scelte e prendere certe decisioni, o fare un certo tipo di vita, o vivere in un certo ambiente, e così via.

Il counseling, in effetti, ci può aiutare a passare dal generale al particolare, a scendere dai luoghi comuni dei dialoghi sui massimi sistemi (la politica, le guerre, la chiesa, la sanità, ecc...) a ciò che ci tocca in maniera personale, ci aiuta a filtrare le tante cose di cui parliamo per isolare l'argomento, l'oggetto, che ci svela il nostro vero bisogno insoddisfatto.



Quello che che magari conosciamo ma non abbiamo il coraggio di dirlo neanche a noi stessi.

Chissà che da questa scoperta o rivelazione la nostra vita non prenda la giusta piega?


giovedì 15 maggio 2014

Nasce il mio blog

Ciao mondo

Questa era la frase iniziatica che ogni linguaggio di programmazione per computer doveva "pronunciare" al suo primo programma.

Sono esperto di informatica, perciò sono a conoscenza di questo "Ciao Mondo" e devo innanzitutto ringraziare questa disciplina-materia-conoscenza che mi ha accompagnato per più di 30 anni e che tuttora mi è vicina (nella foto un computer della honeywell bull, il primo sul quale ho iniziato le mie prime digitazioni, veramente è solo il monitor e la tastiera, il computer era composto di  vari componenti grandi quanto un armadio).

Perciò "ciao Mondo" è anche un modo per onorare le fonti che mi hanno permesso di andare per il mondo  e di giungere a questo nuovo cammino intrapreso da qualche anno: il counseling.
Il cammino non è stato sempre facile, a volte si faceva confuso, a tratti si arrestava ma la riapertura di questo blog, a proposito ho già dimenticato il nome, in verità sono molto emozionato, dicevo riapertura poiché ho avuto nel passato vari www a cui avevo delegato la diffusione delle mie conoscenze, delle mie esperienze e, in sintesi dei miei progetti. Ma si sa, quando qualcosa ti ha toccato ed è stata importante per la tua vita, e soprattutto ti ha fatto bene, ne hai provato piacere, allora è chiaro che sei destinato a ripetere l'esperienza e a rimetterti in gioco.

Sto scrivendo di botto, a fiume, perdonatemi quindi qualche bruttura.

Ma un ringraziamento speciale intendo farlo a Maria, il tuo blog, cara Maria, che ho avuto il piacere di visitare stamane, e per il quale ti faccio i miei complimenti per i modi schietti e quel senso di fresco e di genuino, che ti sono propri, con cui lo gestisci, mi ha ri-acceso una voglia antica, quella di avere un posto nella rete, tutto mio e da condividere.

Ecco, come primo post mi fermo qua.

Caro blog, Ciao Mondo.

Emiliano