Avevo voglia da tempo di
scrivere qualcosa che mettesse in relazione il lavoro e lo spirito.
Si lo spirito. Non dovrà sembrare strano ma, almeno per come la vedo
io, il lavoro ha molto a che vedere con quella parte di noi
spirituale che tendiamo generalmente a tenere fuori, oppure a parte
dai nostri discorsi sul lavoro, senza parlare poi del denaro, questo
poveretto che viene così spesso associato alle cose brutte della
vita. Il denaro è figlio del lavoro, e il lavoro è figlio del
nostro impegno, e il nostro impegno è il risultato di tutte una
serie di azioni positive che, una dietro l'altra, ci hanno portato a
concretizzare le nostre idee, desideri compresi, fino a farlo
divenire qualcosa di pratico e di buono per la società. Da qui a
trasformare il lavoro in denaro il passo è breve. Non vorrei
esagerare ma considero il denaro sacro, così come considero sacro il
lavoro con cui l'abbiamo realizzato. Credo fermamente che, a
prescindere dai concetti, tutti più o meno buoni, che girano intorno
e nel mondo del lavoro, sia giunto il momento di poter parlare, anzi
di dover parlare, in maniera schietta di questa nuova concezione del
lavoro che riguarda sempre più l'aspetto etico.
Si parla di evoluzione
della cultura del lavoro quando ci addentriamo nel mondo delle
emozioni degli individui e tocchiamo sentimenti come gratificazione,
rispetto, ascolto, tutto questo è sicuramente a favore
dell'individuo, contemplandolo non più come un semplice ingranaggio
del sistema economico, il cui principale e a volte anche unico scopo
è quello di produrre, ma prendendo in considerazione l'uomo nella
sua totalità. Produrre, Produrre, Produrre è un mantra oramai
tramontato. La questione economica, e la crisi attuale di
conseguenza, è soprattutto una crisi di valori, la crisi di un
sistema di valori che guarda all'individuo con una visione
dualistica: da una parte consumatore e da una parte produttore.
Questo sistema di regole che sfrutta l'uomo nelle sue debolezze, la
pubblicità per prima ne è un esempio classico, incentivandone e
stimolandone desideri, alcuni repressi, altri nascosti, altri ancora
creandoli artificialmente, è giunto al tracollo. Un bilancio non può
reggersi solo su una serie di numeri in cui contano le ore di lavoro,
il fatturato mensile, il costo del denaro, gli ammortamenti degli
investimenti, le previsioni di vendita e quant'altro si ritiene
necessario per adempiere ad obblighi contabili, aziendali e
finanziari, ma, alla luce di questa nuova cultura del lavoro, è
necessario tenere a debito conto in bilancio anche di tutto ciò che
scaturisce da questa nuova visione.
Se si continua a
camminare su due binari, quello di una visione contabile da un lato,
che ha i suoi consistenti effetti sul sistema economico e quello di
una visione umana, senza però che questa abbia influenza sui conti e
quindi sulla realtà, allora è chiaro che stiamo vivendo una
situazione schizofrenica. Una situazione in cui vorremmo delle cose e
ne facciamo delle altre. Certo ci saranno sicuramente buoni e pratici
motivi che mantengono in piedi tale dinamica ma ciò non toglie,
proprio per questa incongruenza che si riscontra poi nel mondo del
lavoro, che sia il caso di fermarsi a meditare.
Le testimonianze che
vengono dal mondo del lavoro e che ci rassicurano sull'efficacia di
questa nuova visione del lavoro, ci dicono che laddove le maestranze
si impegnano a determinare ambienti più puliti, psicologicamente
parlando, laddove l'impegno viene gratificato tangibilmente, in
quelle aziende dove qualità del lavoro non significa soltanto
attenzione alla qualità del prodotto o servizio erogato ma significa
soprattutto migliore qualità di vita all'interno dell'ambiente di
lavoro, allora lì, in queste aziende, constatiamo che si attivano
delle vere e proprie inversioni di tendenze. Le persone si rendono
più autonome e partecipano allegramente per migliorare il
microambiente in cui vivono portando maggiore attenzione soprattutto
alle relazioni con i colleghi, e con tutti gli altri individui che
partecipano al processo produttivo di cui essi stessi fanno parte.
Per questo parlare di
spirito o di spiritualità in un contesto generalmente schivo da tale
aspetto della natura umana non è più tabù ma diventa, a mio dire,
una via quasi obbligata. Quando si parla di crescita personale, di
superare barriere limitanti, di abbattere convinzioni e pregiudizi
obsoleti per migliorare una qualsiasi condizione che riguarda
l'individuo così come un gruppo di individui allora è chiaro che è
necessaria una visione olistica. Quando si comincia a pensare al
benessere come un modo per aumentare la produttività e l'efficienza
e ad un modo altro di fare impresa allora è chiaro che bisogna
guardare all'uomo nella sua totalità. Un mio amico e maestro
indiano, suole spesso dire che il concetto moderno di spiritualità
consiste nell'ottenere e intrattenere e costruire buone relazioni con
gli altri, niente di inutile a ben vedere, ma un sano concetto di
spiritualità rapportato ai tempi e ai bisogni dell'uomo di oggi.
Sono sempre più convinto
che le aziende che riusciranno a migliorare le loro procedure interne
e la loro organizzazione ponendo attenzione all'individuo e non
soltanto alla differenza tra costi e ricavi saranno quelle che più
delle altre oltrepasseranno questo momento storico in cui, a causa
della globalizzazione galoppante, sembra che il mondo sia diventato
troppo piccolo e che non ci sia spazio per nuove realtà economiche.
Esiste invece tanto spazio, sia per produrre occupazione e sia per
ristabilire quell'equilibrio del rapporto tra uomo e ambiente che
tanto abbiamo sottovalutato nella nostra corsa a produrre sempre di
più, sempre di più. Molti economisti ritengono che sarà proprio il
risveglio dell'attenzione verso madre natura e della creazione di
cicli di consumo non inquinanti e rispettanti delle generazioni
future che porterà, è proprio il caso di dirlo, una bella sferzata
di aria fresca al sistema capitalistico. Tutto sommato il concetto
capitalistico di produrre beni e servizi utili destinati ad
incrementare la circolazione del denaro (il capitale) non è poi un
sistema da buttare a mare e, a ben pensarci, è il sistema più
vecchio del mondo. Anche gli antichi scambiavano le loro mercanzie
con altre o con oggetti di pari valore, tipo metalli e pietre
preziose. Il concetto di scambio del capitale (di qualcosa che ha un
valore per chi lo offre e per chi lo riceve) è stato il motore di
ogni economia, fin dall'età della pietra.
Questo ultima riflessione
per dire che non mi contrappongo stoicamente a favore di un sistema
economico e a discapito di un altro oppure per inveire sul sistema
monetario o sulla politica messa in atto dal sistema bancario,
sappiamo bene che tutto può essere buono come lo stesso tutto può
essere cattivo ma è il come viene utilizzato dall'uomo, questo
tutto, a fare la differenza. Quindi ben venga la competizione se la
posta in palio diviene la salvaguardia e la creazione di ulteriori
posti di lavoro, ben venga la ricerca in nuove tecnologie che
proteggono la natura e la nostra salute.
Abbiamo bisogno di
allargare il concetto di capitale trasformandolo da quello puramente
economico e monetario a quello dei valori umani. Questa
trasformazione può avvenire solo elevando da un livello meramente
economico ad un livello etico le risorse impiegate (parlo chiaramente
di risorse umane). Fin quando non comprenderemo in pieno che nessun
processo è possibile senza l'apporto dello sforzo umano, evitando di
mettere come obiettivo il fine puramente monetario davanti a tutto,
ogni modello economico o stratagemma finanziario non sarà altro che
un fugace palliativo destinato a finire miseramente nell'angolo delle
soluzioni fallite.
E' necessario puntare sull'uomo e sulle sue
attitudine. Anche la scienza dell'evoluzione ci spiega che ogni
specie vivente, razza umana compresa, viene influenzata dall'ambiente
in cui si sviluppa. Perché mai a questo punto non si potrebbero
ottenere migliori performance da quelle aziende che decidessero di
investire in benessere aziendale? Migliorare cioè la qualità della
comunicazione interna, ragionare in termini di benefici anche
emotivi, incentivare all'automiglioramento, solo per fare degli
esempi, potrebbero essere i nuovi fronti su cui impegnarsi per
allontanare le paure dell'insuccesso e del fallimento che tanto
attanagliano gli imprenditori del momento.
Carl Rogers definiva col
termine tendenza attualizzante quel processo innato, sintomo di
benessere, che alimenta ogni essere umano nel suo processo di
crescita. Rogers diceva anche che quando tale processo di crescita si
blocca allora è la sofferenza che si affaccia nella vita degli
individui. Anche nelle aziende, quando non c'è più crescita, gli
individui iniziano a soffrire.