Cerca nel blog

Visita il mio blog dedicato alla diarioterapia e alla libroterapia

mercoledì 20 maggio 2015

Lavoro e spiritualita: mettiamoli insieme.


Avevo voglia da tempo di scrivere qualcosa che mettesse in relazione il lavoro e lo spirito. Si lo spirito. Non dovrà sembrare strano ma, almeno per come la vedo io, il lavoro ha molto a che vedere con quella parte di noi spirituale che tendiamo generalmente a tenere fuori, oppure a parte dai nostri discorsi sul lavoro, senza parlare poi del denaro, questo poveretto che viene così spesso associato alle cose brutte della vita. Il denaro è figlio del lavoro, e il lavoro è figlio del nostro impegno, e il nostro impegno è il risultato di tutte una serie di azioni positive che, una dietro l'altra, ci hanno portato a concretizzare le nostre idee, desideri compresi, fino a farlo divenire qualcosa di pratico e di buono per la società. Da qui a trasformare il lavoro in denaro il passo è breve. Non vorrei esagerare ma considero il denaro sacro, così come considero sacro il lavoro con cui l'abbiamo realizzato. Credo fermamente che, a prescindere dai concetti, tutti più o meno buoni, che girano intorno e nel mondo del lavoro, sia giunto il momento di poter parlare, anzi di dover parlare, in maniera schietta di questa nuova concezione del lavoro che riguarda sempre più l'aspetto etico.

Si parla di evoluzione della cultura del lavoro quando ci addentriamo nel mondo delle emozioni degli individui e tocchiamo sentimenti come gratificazione, rispetto, ascolto, tutto questo è sicuramente a favore dell'individuo, contemplandolo non più come un semplice ingranaggio del sistema economico, il cui principale e a volte anche unico scopo è quello di produrre, ma prendendo in considerazione l'uomo nella sua totalità. Produrre, Produrre, Produrre è un mantra oramai tramontato. La questione economica, e la crisi attuale di conseguenza, è soprattutto una crisi di valori, la crisi di un sistema di valori che guarda all'individuo con una visione dualistica: da una parte consumatore e da una parte produttore. Questo sistema di regole che sfrutta l'uomo nelle sue debolezze, la pubblicità per prima ne è un esempio classico, incentivandone e stimolandone desideri, alcuni repressi, altri nascosti, altri ancora creandoli artificialmente, è giunto al tracollo. Un bilancio non può reggersi solo su una serie di numeri in cui contano le ore di lavoro, il fatturato mensile, il costo del denaro, gli ammortamenti degli investimenti, le previsioni di vendita e quant'altro si ritiene necessario per adempiere ad obblighi contabili, aziendali e finanziari, ma, alla luce di questa nuova cultura del lavoro, è necessario tenere a debito conto in bilancio anche di tutto ciò che scaturisce da questa nuova visione.

Se si continua a camminare su due binari, quello di una visione contabile da un lato, che ha i suoi consistenti effetti sul sistema economico e quello di una visione umana, senza però che questa abbia influenza sui conti e quindi sulla realtà, allora è chiaro che stiamo vivendo una situazione schizofrenica. Una situazione in cui vorremmo delle cose e ne facciamo delle altre. Certo ci saranno sicuramente buoni e pratici motivi che mantengono in piedi tale dinamica ma ciò non toglie, proprio per questa incongruenza che si riscontra poi nel mondo del lavoro, che sia il caso di fermarsi a meditare.

Le testimonianze che vengono dal mondo del lavoro e che ci rassicurano sull'efficacia di questa nuova visione del lavoro, ci dicono che laddove le maestranze si impegnano a determinare ambienti più puliti, psicologicamente parlando, laddove l'impegno viene gratificato tangibilmente, in quelle aziende dove qualità del lavoro non significa soltanto attenzione alla qualità del prodotto o servizio erogato ma significa soprattutto migliore qualità di vita all'interno dell'ambiente di lavoro, allora lì, in queste aziende, constatiamo che si attivano delle vere e proprie inversioni di tendenze. Le persone si rendono più autonome e partecipano allegramente per migliorare il microambiente in cui vivono portando maggiore attenzione soprattutto alle relazioni con i colleghi, e con tutti gli altri individui che partecipano al processo produttivo di cui essi stessi fanno parte.

Per questo parlare di spirito o di spiritualità in un contesto generalmente schivo da tale aspetto della natura umana non è più tabù ma diventa, a mio dire, una via quasi obbligata. Quando si parla di crescita personale, di superare barriere limitanti, di abbattere convinzioni e pregiudizi obsoleti per migliorare una qualsiasi condizione che riguarda l'individuo così come un gruppo di individui allora è chiaro che è necessaria una visione olistica. Quando si comincia a pensare al benessere come un modo per aumentare la produttività e l'efficienza e ad un modo altro di fare impresa allora è chiaro che bisogna guardare all'uomo nella sua totalità. Un mio amico e maestro indiano, suole spesso dire che il concetto moderno di spiritualità consiste nell'ottenere e intrattenere e costruire buone relazioni con gli altri, niente di inutile a ben vedere, ma un sano concetto di spiritualità rapportato ai tempi e ai bisogni dell'uomo di oggi.

Sono sempre più convinto che le aziende che riusciranno a migliorare le loro procedure interne e la loro organizzazione ponendo attenzione all'individuo e non soltanto alla differenza tra costi e ricavi saranno quelle che più delle altre oltrepasseranno questo momento storico in cui, a causa della globalizzazione galoppante, sembra che il mondo sia diventato troppo piccolo e che non ci sia spazio per nuove realtà economiche. Esiste invece tanto spazio, sia per produrre occupazione e sia per ristabilire quell'equilibrio del rapporto tra uomo e ambiente che tanto abbiamo sottovalutato nella nostra corsa a produrre sempre di più, sempre di più. Molti economisti ritengono che sarà proprio il risveglio dell'attenzione verso madre natura e della creazione di cicli di consumo non inquinanti e rispettanti delle generazioni future che porterà, è proprio il caso di dirlo, una bella sferzata di aria fresca al sistema capitalistico. Tutto sommato il concetto capitalistico di produrre beni e servizi utili destinati ad incrementare la circolazione del denaro (il capitale) non è poi un sistema da buttare a mare e, a ben pensarci, è il sistema più vecchio del mondo. Anche gli antichi scambiavano le loro mercanzie con altre o con oggetti di pari valore, tipo metalli e pietre preziose. Il concetto di scambio del capitale (di qualcosa che ha un valore per chi lo offre e per chi lo riceve) è stato il motore di ogni economia, fin dall'età della pietra. 

Questo ultima riflessione per dire che non mi contrappongo stoicamente a favore di un sistema economico e a discapito di un altro oppure per inveire sul sistema monetario o sulla politica messa in atto dal sistema bancario, sappiamo bene che tutto può essere buono come lo stesso tutto può essere cattivo ma è il come viene utilizzato dall'uomo, questo tutto, a fare la differenza. Quindi ben venga la competizione se la posta in palio diviene la salvaguardia e la creazione di ulteriori posti di lavoro, ben venga la ricerca in nuove tecnologie che proteggono la natura e la nostra salute.

Abbiamo bisogno di allargare il concetto di capitale trasformandolo da quello puramente economico e monetario a quello dei valori umani. Questa trasformazione può avvenire solo elevando da un livello meramente economico ad un livello etico le risorse impiegate (parlo chiaramente di risorse umane). Fin quando non comprenderemo in pieno che nessun processo è possibile senza l'apporto dello sforzo umano, evitando di mettere come obiettivo il fine puramente monetario davanti a tutto, ogni modello economico o stratagemma finanziario non sarà altro che un fugace palliativo destinato a finire miseramente nell'angolo delle soluzioni fallite. 

E' necessario puntare sull'uomo e sulle sue attitudine. Anche la scienza dell'evoluzione ci spiega che ogni specie vivente, razza umana compresa, viene influenzata dall'ambiente in cui si sviluppa. Perché mai a questo punto non si potrebbero ottenere migliori performance da quelle aziende che decidessero di investire in benessere aziendale? Migliorare cioè la qualità della comunicazione interna, ragionare in termini di benefici anche emotivi, incentivare all'automiglioramento, solo per fare degli esempi, potrebbero essere i nuovi fronti su cui impegnarsi per allontanare le paure dell'insuccesso e del fallimento che tanto attanagliano gli imprenditori del momento.

Carl Rogers definiva col termine tendenza attualizzante quel processo innato, sintomo di benessere, che alimenta ogni essere umano nel suo processo di crescita. Rogers diceva anche che quando tale processo di crescita si blocca allora è la sofferenza che si affaccia nella vita degli individui. Anche nelle aziende, quando non c'è più crescita, gli individui iniziano a soffrire.




Nessun commento:

Posta un commento